Blonde (2022)

di Andrew Dominik

con Ana de Armas, Adrien Brody, Lily Fisher, Julianne Nicholson

 

Blonde non è una biografia. Se vi mettete alla visione del film di Andrew Dominik sperando di rivivere lo scintillante mito di Marylin Monroe siete sulla strada sbagliata. Il lungometraggio – e mai termine fu più appropriato, viste le quasi tre ore di durata – prende una serie di spunti dalla vita di Norma Jeane (il vero nome di Marylin) e li sfrutta per parlarci del suo disagio, delle sue sofferenze, delle costanti delusioni che la vita le ha riservato. Delusioni e patimenti nei rapporti con la madre, con gli uomini, con le gravidanze mai portate a termine e con la popolarità.

La scelta del regista – un po’ come visto anche in Spencer, la pellicola su Lady Diana – è quella di sviscerare i tormenti dell’attrice ma soprattutto della donna, senza prestare particolare attenzione alle sequenze temporali, senza prendersi la briga di spiegare le chiacchierate relazioni, senza alcun desiderio di fare luce sugli aspetti glamour della diva.

Assistiamo così a tutta la sofferenza di Marylin, con la macchina da presa che spesso quasi le si incolla al viso con soggettive anche scabrose, e che scandaglia le sue frustrazioni, le sue speranze di incontrare il padre che non ha mai conosciuto, la sua realtà che spesso si fonde con il sogno o con gli incubi generati dagli antidepressivi e dall’alcol.

In tutto questo Dominik si diverte a giocare con i formati cinematografici, passando con disinvoltura da 1:1 a 1.37:1, da 1.85:1 a 2.39:1 e alternando il bianco e nero e i colori, senza una reale logica (spesso questi espedienti sono utilizzati per individuare archi temporali differenti ma non è questo il caso…), il che disorienta alquanto.

Tecnicamente il film mette in evidenza una certa maestria, in modo particolare nel fondere i passaggi tra scene completamente differenti – come quella in cui Marylin cade sulla spiaggia e ad accorrere sono i fotografi… che la stanno immortalando mentre scende dalla macchina in occasione di una premiere. Ma allo stesso tempo, Blonde chiede molto allo spettatore. Soprattutto in termini di pazienza e pervicacia, perché la durata è eccessiva e, per la loro estenuante lentezza, alcune parti del film – per esempio la prima ora – fanno letteralmente “sentire” il passaggio di ogni singolo minuto.

In un giudizio complessivo, dunque, non esattamente lusinghiero, spicca l’interpretazione della bravissima Ana de Armas (già una delle pochissime note liete del terribile Acque profonde) non solo di una bellezza tale da poter rivaleggiare con quella di Marylin senza far gridare allo scandalo ma anche eccezionale sia nel rendere la struggente disperazione della vita dell’attrice sia nel reggere il peso del film, che poggia essenzialmente sulle sue spalle.      

 

Voto: 6