Trama e recensione di Elvis (2022)
di Baz Luhrmann
con Austin Butler, Tom Hanks, Olivia DeJonge, Kelvin Harrison Jr., Helen Thomson
Nascita, ascesa e declino di Elvis Presley (Austin Butler, visto anche ne I morti non muoiono), leggenda della musica americana e personaggio capace di rivoluzionare la società, scatenando la passione dei giovani (e soprattutto delle giovani) e indisponendo perbenisti cattolici e odiosi razzisti. A raccontarci Elvis è Baz Luhrmann, regista visionario e sempre originale che però sembra aver da tempo perso il tocco che gli ha fatto realizzare pellicole iconiche come Romeo+Giulietta e Moulin Rouge.
La scelta di narrare la storia dal punto di vista del Colonnello Tom Parker (Tom Hanks), l’uomo che ha scoperto Elvis e che l’ha prima aiutato a diventare un’icona ma che poi l’ha anche tenuto prigioniero in una sorta di gabbia dorata, appare convincente, se non fosse per uno sviluppo narrativo eccessivamente piatto, una sorta di collage degli eventi, raccontati senza troppo “cuore”.
Si fatica a empatizzare con il protagonista, a capirne le ansie e i tormenti, a precipitare insieme con lui nell’abisso degli eccessi e delle medicine. Anche le dinamiche del matrimonio con Priscilla (Olivia DeJonge), soprattutto quando i rapporti si deteriorano, restano solo abbozzati. L’impressione che ne ho ricavato è che Luhrmann non abbia voluto sporcare l’immagine di un mito, addossando molte delle colpe al Colonnello, ed evitando di mostrare… insomma, la strada meno rischiosa. Eppure di tempo ne avrebbe avuto (la durata è “importante” e non esattamente giustificata).
Oltre che per le scelte di sceneggiatura, Elvis non riesce a fare breccia nel cuore perché martella gli occhi e il cervello dal primo al 159esimo minuto del film. Il regista, probabilmente, desiderava strizzare l’occhio alle nuove generazioni e ha optato per un montaggio invadente, ipercinetico, che toglie il fiato. Difficilmente un’inquadratura viene mantenuta per più di 4-5 secondi, con cambi repentini e, appunto, martellanti. Il risultato finale preclude ogni possibilità di approfondimento, di un dialogo, di una riflessione, tutti elementi sacrificati sull’altare del ritmo a ogni costo.
Voto: 5
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