Trama e recensione di Golda (2023)

Regista: Guy Nattiv

Cast: Helen Mirren, Emma Davies, Rotem Keinan, Rami Heuberger, Liev Schreiber

La storia di Israele è costellata di guerre, atti di terrorismo, vendette, stragi e missili. Quello che sta succedendo in questi giorni è solamente l’ennesimo nuovo capitolo di un libro di cui difficilmente si scriverà l’ultima pagina…

In questa lunga lista di azioni militare, talvolta subite, spesso innescate, un ruolo cardine l’ha avuto Golda Meir, Primo Ministro israeliano in carica tra il marzo del 1969 e il giugno 1974. Sotto la sua presidenza ci fu il massacro di atleti ebrei durante le Olimpiadi di Monaco di Baviera. E fu lei a organizzare la risposta del Mossad (raccontata da Steven Spielberg nel film Munich) che, negli anni successivi, eliminò con una serie di attacchi mirati tutti i leader di Settembre Nero (il commando responsabile della strage).

Fu sempre lei a dover gestire l’attacco a sorpresa da parte di Egitto e Siria e noto come Guerra dello Yom Kippur. Il film di Guy Nattiv racconta proprio quei giorni. E il successivo processo che portò alle dimissioni di Golda Meir, per come il suo Governo gestì le operazioni militari e l’elevata perdita di vite umane durate quel breve conflitto.

La scelta del regista, probabilmente dettata anche da un budget contenuto, è quella di focalizzare la propria attenzione sull’anziana, malata e stanca protagonista piuttosto che sulle battaglie. Spazio quindi a primi piani sugli occhi cerchiati di rosso, sulle dita ingiallite dal fumo e sulle caviglie gonfie di Golda.

Sotto gli strati di trucco, che contribuiscono a renderla somigliante alla controparte reale, c’è Helen Mirren, che porta con forza il peso dell’angoscia repressa di Meir di fronte al bilancio delle vittime della guerra che si aggrava di ora in ora. Possiamo parafrasare che, indossando la maschera, la Mirren indossa anche il senso di colpa del Primo Ministro. Senso di colpa che cercava di esorcizzare fumando una sigaretta dietro l’altra.

Il film del resto è letteralmente strutturato intorno alle sigarette, che sono ben più che un semplice vizio. Il montaggio passa da una boccata di Golda all’altra, collegando due momenti storici differenti, comprese le sedute di chemioterapia. Intanto il ministro della difesa, Moshe Dayan (Rami Heuberger), sposta pacchetti e accendini sulle mappe come sostituti delle unità militari. Il tutto mentre i portacenere si riempiono e traboccano mozziconi.

Nonostante sia apprezzabile che la sceneggiatura non penda da nessuna parte e non dipinga nessuna delle nazioni coinvolte nel conflitto come moralmente migliore dell’altra, il film manca completamente il bersaglio del coinvolgimento emotivo. Lo spettatore non sente il peso delle vite delle centinaia di soldati uccisi, probabilmente anche per la scelta di un racconto “via radio” delle fasi delle battaglie che risulta sbrigativo e impersonale.

Interessante per chi non è a conoscenza di quanto successo, Golda assolve almeno questa funzione ma come film fallisce nel riuscire a toccare i giusti sentimenti.

 

Voto: 5.5