La ragazza di Stillwater (2021)

di Tom McCarthy

con Matt Damon, Abigail Breslin, Camille Cottin, Lilou Siauvaud

 

Bill (Matt Damon) è un uomo semplice, gran lavoratore, vive in Oklahoma, ha un passato da alcolista e padre assente e non si toglie mai il berretto da baseball e la camicia a scacchi. Stereotipo che più stereotipo non si può della classe operaia americana, si trova suo malgrado a gestire una situazione più grande di lui. Sua figlia Allison (Abigail Breslin) è in carcere a Marsiglia – dove si è trasferita per studiare ma soprattutto per mettere la maggiore distanza possibile tra sé e il padre – condannata per l’omicidio di quella che era la sua compagna. Quando si accende una speranza di dimostrare l’innocenza della ragazza, Bill si trasferisce nella città francese, dove stringe un’affettuosa amicizia con Virginie (Camille Cottin) e sua figlia Maya.

Nonostante la trama che ricorda quella di numerosi film d’azione, impressione ulteriormente avvalorata dalla presenza di Damon, La ragazza di Stillwater è quanto di più lontano da un action o da un thriller. L’attenzione del regista Tom McCarthy (di cui ricordiamo due film assolutamente meritevoli di visione come Il caso Spotlight e soprattutto L’ospite inatteso, di cui questo La ragazza di Stillwater riprende alcune tematiche) si focalizza sul personaggio di Bill, sulle sue difficoltà relazionali, in modo particolare con il senso di colpa nei confronti della figlia per cui è stato il classico padre assente e ubriacone e con cui cerca di recuperare il rapporto con visite regolari in prigione e mettendosi in gioco per dimostrare la sua innocenza.

Ma soprattutto il film parla della capacità di Bill – pur nella sua stolida semplicità – di cambiare, di diventare migliore, di avere il desiderio di mettersi in gioco, con una nuova lingua (consiglio la visione in originale), con persone mentalmente agli antipodi come Virginie e anche come padre, con il tenero rapporto che stringe con la piccola Maya.

E allora l’innocenza o la colpevolezza di Allison smettono di essere il cuore della pellicola, lasciando spazio alle interazioni e agli affetti, a una Marsiglia dallo stadio ribollente di entusiasmo e dai quartieri difficili in cui è meglio non entrare, e alla determinazione di un uomo oppresso ma mai rassegnato, ben interpretato da un Matt Damon anni luce lontano da tutti i suoi ruoli di maggior successo.

 

Voto: 6.5