Im westen nichts neues (2022)

di Edward Berger

con Felix Kammerer, Albrecht Schuch, Daniel Bruhl, Moritz Klaus

 

La cruda realtà della trincea. Qui si ritrovano catapultati un manipolo di giovani, partiti carichi di entusiasmo per combattere al fronte. Parliamo della Prima Guerra Mondiale e del drammatico scontro tra Francia e Germania, dove milioni di uomini persero la vita per contendersi poche centinaia di metri di terreno.

Tra questi giovani – il cui valoroso desiderio di onorare la patria si frantuma davanti alle spaventose condizioni di vita delle trincee, tra cadaveri, fango, escrementi, brodaglia, terrore e urla – ci sono anche Paul (Felix Kammerer) e Stanislaus (Albrect Schuch), di cui nel corso della narrazione, vengono accennati i sogni e messe a nudo la fragilità.

Ho detto “accennati” perché Niente di nuovo sul fronte occidentale – ispirato all’omonimo romanzo, di cui era già stato tratto un film nel 1930 – sceglie la strada della spersonalizzazione (in quest’ottica anche la scelta di un cast senza volti noti è emblematica). Certo ci sono alcuni personaggi principali ma tendono a fondersi con le migliaia di senza nome, coperti di fango, con gli occhi sgranati per il terrore, che cadono come mosche negli insensati assalti all’arma bianca.

Il loro spaventoso destino si contrappone con quello di chi questa guerra l’ha voluta e dei generali che la dirigono, al caldo dei loro uffici o delle carrozze ristorante. Uomini che non sembrano perdere l’appetito davanti a milioni di morti e ai segni indelebili che lasceranno nelle coscienze dei sopravvissuti.

Dal punto di vista tecnico, Niente di nuovo sul fronte occidentale vanta una produzione di alto livello e un grande realismo nelle scene di battaglia. Il regista Edward Berger indugia spesso su sangue, violenza, scontri, amputazioni… e già la scena iniziale – con il ciclo della macchina bellica che non si ferma mai, riciclando e rammendando le uniformi tolte ai cadaveri e riassegnate alle nuove reclute – ci fa capire che niente verrà concesso all’umanità e alla pietà, due concetti andati dimenticati in quei terribili anni.  

Certo non mancano qualche passaggio a vuoto e qualche concessione al realismo – soprattutto nell’epilogo della pellicola – che può fare storcere il naso, ma il film lascia comunque il segno. Se poi avete voglia di approfondire l’argomento Prima guerra mondiale, vi invito a recuperare il bellissimo documentario They shall not grow old di Peter Jackson.

 

 

Voto: 7