Siccità (2022)
di Paolo Virzì
con Valerio Mastandrea, Silvio Orlando, Claudia Pandolfi, Monica Bellucci, Tommaso Ragno
L’idea alla base di Siccità non è nemmeno malvagia: una Roma in cui non piove da tre anni, arida e riarsa, dove persino il Tevere è sparito e in cui le persone non devono sprecare l’acqua, che è razionata. Peccato solo che Paolo Virzì, il regista, questo futuro distopico (ma nemmeno troppo) non sia in grado di metterlo al servizio di una storia degna di questo nome.
La sua assai discutibile scelta, infatti, è quella di proporcene a bizzeffe di storie, di personaggi di ogni tipo. C’è il tassista che parla coi morti (Valerio Mastandrea), l’ergastolano che casualmente si ritrova fuori dalle mura del carcere (Silvio Orlando), la dottoressa alle prese con un virus che induce la letargia nelle persone (Claudia Pandolfi), più un’altra dozzina di storie, tutte poco coinvolgenti e tutte appena abbozzate, il che le rende interessanti come un piccione in piazza del Duomo.
In questo zibaldone di personaggi, già dopo i primi venti minuti di visione la noia prende il sopravvento, perché nessuna vicenda è capace di coinvolgere e il continuo saltabeccare da una all’altra non fa che incrementare il desiderio di abbandonare il film. Se però resistete a questa tentazione, a un certo punto verrete ripagati dalla peggior interpretazione di sempre di Monica Bellucci (il che è tutto dire…).
Insomma, Siccità rappresenta la più classica delle occasioni sprecate. Il tema e l’ambientazione potevano dare vita a un film interessante; invece i più stoici, ovvero quelli capaci di resistere fino ai titoli di coda, vengono ripagati da una vicenda inconcludente, riflessioni sul clima degne degli ospiti di Domenica In e personaggi che definire macchiette è un eufemismo. Da un regista come Virzì era lecito aspettarsi di più, anche se da tempo è in caduta libera…
Voto: 3.5
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