Il caso Minamata (2020)

di Andrew Levitas

con Johnny Depp, Akiko Iwase, Bill Nighy, Minami

Eugene Smith (Johnny Depp) è un grande fotoreporter ormai sul viale del tramonto, la cui carriera e le cui ambizioni sono sprofondate sul fondo di una bottiglia di whiskey. L’incontro con una giovane giapponese, che l’ha contattato perché vuole che, con i suoi scatti, riveli al mondo la drammatica situazione del paese di Minamata, risveglia il suo istinto e il suo desiderio di giustizia.

Ma che cosa succede in Giappone e in particolare a Minamata (siamo agli inizi degli anni ’70)? Qui una grande industria chimica non si fa scrupolo alcuno a riversare nel mare gli scarichi della produzione, che infettano i pesci che sono l’unico sostentamento della povera popolazione locale. Il risultato è un’impennata di malattie terribili e di bambini nati con orribili deformazioni e problematiche.

Il caso Minamata è dunque un film di denuncia che, facendo luce su quanto avvenuto cinquant’anni fa, evidenzia per l’ennesima volta come sull’altare del profitto, distruggere le vite delle persone sia considerato come un trascurabile danno collaterale. Da questo punto di vista, dunque, la pellicola è apprezzabile. Peccato che, al di là del soggetto, ben poco si salvi, a cominciare dal personaggio interpretato da un Johnny Depp, truccato per assomigliare al vero Smith, e che risulta solamente finto e poco espressivo.

Ma è a livello di trasporto emotivo che il film di Andrew Levitas pecca. Solitamente queste operazioni di sensibilizzazione funzionano se, a livello empatico, si riesce a immedesimarsi e a solidarizzare con i protagonisti e con la loro causa. Qui questo non avviene, per colpa di una regia distaccata e di una sceneggiatura che non approfondisce i personaggi, né quelli positivi né quelli negativi. Il caso Minamata scorre così in modo superficiale e poco coinvolgente e si dimostra soprattutto una grande occasione sprecata.

 

Voto: 5