Trama e recensione di Athena (2022)

Regista: Romain Gavras

Cast: Dali Benssalah, Sami Slimane, Ouassini Embarek, Anthony Bajon, Birane Ba

 

Il ruolo di “figlio d’arte” è sempre una lama a doppio taglio. Per certi versi la strada è spianata ma, di contro, le aspettative sono sempre molto alte. Ne sa qualcosa Romain Gavras, figlio del celebre regista Costa-Gravas – di cui ricordiamo film molto belli come Z, l’orgia del potere o Missing-Scomparso – che si è dovuto fare le ossa con numerosi videoclip musicali prima di approdare al grande schermo.

La gavetta gli è indubbiamente servita e, se avete visto il suo video di No church in the wild di Jay Z e Kanye West, ne ritroverete le eco e le ambientazioni in Athena, il suo secondo film, indubbiamente importante e ambizioso.

Athena, in streaming su Netflix, attinge a piene mani a un filone quanto mai prolifico per il cinema francese, ovvero quello delle tensioni, dei disagi e delle ribellioni che coinvolgono le periferie, le comunità di immigrati e le forze dell’ordine. Il pensiero va immediatamente al film di riferimento per eccellenza – L’odio di Mathieu Kassovitz – ma anche ai più recenti e assolutamente meritevoli BAC Nord, I miserabili o Fratelli nemici – Close enemies, il che rende il panorama piuttosto affollato.

Romain Gavras, evidentemente conscio di dover studiare qualcosa per fare emergere il suo film dall’anonimato, sceglie la strada della perizia tecnica. Ecco che Athena colpisce duro, regalandoci scene d’azione spettacolari, a cominciare dai primi dieci minuti – quelli dell’assalto al commissariato di polizia con relativo furto di armi e fuga verso il quartiere – realizzati con un unico, pirotecnico piano sequenza che incolla al divano.

Ma anche nelle parti seguenti – con l’assedio delle truppe d’assalto ai rivoltosi rinchiusi nel loro quartiere – la qualità delle scene di battaglia, sempre affidate a lunghi piani sequenza, resta altissima, con eco che richiamano alla mente i combattimenti delle legioni romane, e i virtuosismi della cinepresa che ci catapultano dall’asfalto ai tetti dei condomini.

In tutta questa ricercatezza e cura delle scene – che alla lunga può anche passare per un tentativo di dimostrare quanto il regista “abbia le palle” ma che indubbiamente colpisce nel segno – Athena, però, finisce col perdersi. Perché all’interno di questa massa informe di immigrati arrabbiati e poliziotti in tenuta anti sommossa, cerca di emergere la storia di tre fratelli, Abdel (Dali Benssalah), Karim (Sami Slimane) e Moktar (Ouassini Embarek) che, per ragioni differenti, si trovano uno a capo della rivolta, uno impegnato a sedarla e uno preoccupato solo di non aver intoppi con i suoi traffici illeciti.

Il problema è che i loro personaggi finiscono un po’ schiacciati da un impianto narrativo che punta molto sull’azione e, nonostante il regista spesso li metta al centro dell’inquadratura, con una sorta di telecamera personale che ne segue l’incedere e ne indaga i volti, le loro motivazioni e, in modo particolare, il repentino cambio di atteggiamento di Abdel, risultano poco approfonditi e al limite dello stereotipo.

Così Athena non riesce a mantenere alta la tensione né a dare seguito all’entusiasmo generato dallo sfolgorante inizio e da alcune scene di guerriglia urbana e, a conti fatti, si rivela più una visione esteticamente e tecnicamente appagante che un film capace di emozionare.

Detto questo, il mio consiglio è quello di guardare comunque, se non tutto il lungometraggio, almeno i primi dieci minuti, perché si potrà anche catalogarli come un mero esercizio di stile, però vi toglieranno letteralmente il fiato.

Voto: 6.5