Trama e recensione di Leviathan (Leviafan – 2014)

Regista: Andrey Zvyagintsev

Cast: Aleksei Serebryakov, Vladimir Vdovichenkov, Elena Lyadova, Roman Madyanov

Ambientato in un piccolo villaggio che si affaccia sul Mar di Barents, Leviathan segue la tragica parabola di Kolya (Aleksei Serebryakov), un meccanico che lotta contro l’esproprio della sua casa da parte del corrotto sindaco locale Vadim (Roman Madyanov).

La battaglia legale di Kolya, aiutato dall’amico avvocato Dmitriy (Vladimir Vdovichenkov) e supportato dalla moglie Lilya (Elena Lyadova), si trasforma presto in un incubo in cui il potere politico, religioso e giudiziario si fondono in un vero e proprio mostro tentacolare (il Leviatano evocato nel titolo). Un mostro contro il quale non è possibile vincere ma che si può cercare di non vedere, anestetizzando mente e sentimenti con infiniti bicchieri di vodka…

Il regista Andrey Zvyagintsev – di cui vi suggerisco caldamente di recuperare anche Loveless e Il ritorno – alterna scene di dialogo, a momenti dal surreale realismo – si pensi al lungo piano sequenza del giudice che legge la sentenza contro Kolya, in perfetto burocratese, tra codici e cavilli – a inquadrature che indugiano sullo splendido paesaggio nordico, che diventa metafora della solitudine e della desolazione esistenziale dei personaggi. L’impatto visivo di Leviathan è potente, con immagini di una natura destinata a restare impressa nella nostra memoria.

I dialoghi, spesso con la lingua impastata dall’alcol, veicolano un profondo senso di amarezza e disperazione. Del resto per Kolya e la sua famiglia le speranze sono costantemente disilluse e gli uomini di queste terre difficili e spietate trovano la forza di tirare avanti solo sul fondo di una bottiglia di vodka.

Leviathan non è un film facile, perché annichilisce ogni speranza. Ed è un’opera che lascia il segno… ma anche l’amaro in bocca per la sua crudele bellezza.

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Voto: 7.5