Trama e recensione di Roadrunner: A film about Anthony Bourdain (2021)

Regista: Morgan Neville

Cast: Anthony Bourdain, Asia Argento, David Chang, David Choe, Ottavia Bourdain

Anthony Bourdain è stato uno dei personaggi più carismatici della cultura gastronomica americana e del giornalismo di viaggio contemporaneo. Chef, scrittore, narratore e conduttore televisivo, è diventato famoso non tanto per il talento culinario, quanto per la sua capacità di raccontare in modo crudo, autentico e profondamente umano i luoghi, il cibo e le persone incontrate durante le sue peregrinazioni in giro per il mondo.

Ma Bourdain, al di là del suo successo, è sempre stato tormentato, inquieto, infelice e questo Roadrunner prova a farci conoscere proprio questo suo aspetto, attraverso un’esplorazione profonda, spesso dolorosa, dell’anima di un uomo che ha lasciato un segno con la sua voce unica e disincantata.

Diretto da Morgan Neville, il documentario segue la vita di Bourdain dalla pubblicazione del suo libro rivelazione Kitchen Confidential fino ai suoi ultimi giorni. Attraverso filmati d’archivio, dietro le quinte dei suoi programmi televisivi, interviste con amici, colleghi, ex partner e membri del team che ha viaggiato con lui in tutto il mondo, emerge il ritratto di un uomo brillante ma decisamente complesso e complicato. La sua vocenon sempre originale, visto che alcune frasi non sono mai pronunciate dallo chef ma riprodotte grazie all’intelligenza artificiale, il che ha generato qualche polemica – ci accompagna come un filo narrativo interiore, sincero e vulnerabile.

Bourdain appare come un uomo affamato di esperienza, di autenticità, ma anche profondamente segnato da una tensione costante tra il desiderio di connessione e la tendenza all’autoisolamento. Il film non evita di affrontare i lati oscuri della sua personalità: l’ossessione per il lavoro, la fragilità emotiva – evidenziata dalle relazioni tutt’altro che semplici con le sue due ex mogli, con la figlia e con Asia Argento – il rapporto conflittuale con la fama e con sé stesso. Il ritratto che ne esce è potente e senza retorica, capace di andare oltre l’icona e restituirci l’essere umano.

Roadrunner riesce a farci sentire la mancanza di Bourdain in modo quasi fisico. È un’opera che non solo celebra il suo impatto culturale, ma lo umanizza, restituendo dignità alla sua fragilità. Ma fa anche molto di più, perché invita a riflettere su tematiche che vanno oltre il soggetto del film: la salute mentale, la depressione, il senso del viaggio, il bisogno di appartenenza e le contraddizioni con le quali dobbiamo costantemente confrontarci, rispetto alla vita che viviamo e a quella che vorremmo realmente vivere.

Voto: 7