Favolacce (2020)
di Fabio e Damiano D’Innocenzo
con Elio Germano, Tommaso Di Cola, Ileana D’Ambra, Max Malatesta
I fratelli D’Innocenzo, pur con ben pochi film all’attivo, hanno saputo conquistare i favori di molti critici. Personalmente ho apprezzato, diciamo, “il giusto” La terra dell’abbastanza e mi sono posto con curiosità davanti a questo Favolacce, la cui uscita è stata accompagnata da una martellante campagna pubblicitaria. Ecco, dopo la visione comincio a nutrire forti dubbi sulla possibilità di dare un’ulteriore chance alla coppia di registi.
Il punto di partenza del film è interessante, visto che cerca di raccontare una realtà amara, disillusa, spesso feroce, di una certa provincia romana, non quella degradata della periferia ma quella delle villettine a schiera lontane dalla metropoli. Questa realtà viene filtrata dagli occhi dei bambini, i protagonisti della vicenda, obbligati a confrontarsi con adulti inconsistenti, volgari, ottusi, violenti e instabili. In un mondo di questo tipo, lontanissimo da quello idilliaco delle favole, sono costretti a crescere velocemente, ad affrontare problemi con cui i genitori non sono in grado di fare i conti, a pensare al sesso senza che ne abbiano davvero voglia. E a stancarsi di questa favolaccia che è la vita.
Sebbene le premesse possano far pensare a un buon film, la realtà è differente. Per svariati motivi Favolacce non convince, a cominciare dallo stile scelto dai registi, che amano strizzare l’occhio al cinema d’autore e che, proprio per farcelo capire, ci costringono a lunghe sequenze a rallentatore, inquadrature ricercate, voce fuori campo e momenti di realismo che niente aggiungono o tolgono alla visione (si veda la scena del taglio di capelli della bambina…).
A tutto questo aggiungete che i dialoghi – in romanesco – sono spesso bisbigliati, biascicati e, in buona sostanza, incomprensibili, il che non aiuta a immedesimarsi con lo svolgimento della vicenda, già di per sé complicata da un montaggio che passa da una situazione all’altra in modo netto, eliminando elementi di raccordo che avrebbero aiutato a comprendere al meglio la storia. Il finale drammatico e grottesco piomba poi totalmente inaspettato, perché nulla – pur nello squallore e nella volgarità familiare – lo lascia presagire e in qualche modo “giustificare”.
Probabilmente la colpa più grande di Favolacce è proprio quella di creare delle barriere (linguistiche e di narrazione) con lo spettatore, che fatica a “sentire” la vicenda e la sofferenza dei bambini. E senza questa empatia, quel che resta è un film pretenzioso e noiosetto.
Voto: 4.5
Gli estimatori del film diranno che vuole seguire una narrazione non tradizionale che va capita per come è. Io invece concordo. Molta voglia di creare shock, troppo compiacimento, un risultato sconclusionato.
Già, alla fine il risultato deve essere convincente e piacevole da guardare mentre questo film non lo è…