Accused (2005)
di Jacob Thuesen
con Troels Lyby, Sofie Grabol, Paw Henriksen, Soren Malling, Kirstine Rosenkrands Mikkelsen
Henrik (Troels Lyby) e Nina (Sofie Grabol) sono marito e moglie e conducono un’esistenza tranquilla a Copenhagen. La loro vita sarebbe perfetta se la loro unica figlia dodicenne – Stine – non fosse particolarmente introversa e tendente a isolarsi (raramente esce dalla sua camera). Sarà la preadolescenza… Le cose cambiano drasticamente quando Henrik viene prelevato dalla polizia perché denunciato dalla ragazzina per violenza sessuale. L’uomo finisce ovviamente in un baratro dentro cui si trascina tutta la sua vita, le amicizie, il lavoro e la relazione con Nina.
Accused, del regista danese Jacob Thuesen, regge buona parte della sua potenza, oltre che sulla strepitosa interpretazione di Troels Lyby, sulla scelta di lasciare completamente all’oscuro lo spettatore sulla colpevolezza o meno di Henrik. Seguiamo così l’angoscia sul suo volto, i suoi sguardi che indugiano su particolari insignificanti mentre è rinchiuso in cella, mentre l’avvocato gli illustra la sua strategia di difesa o mentre ascolta l’interrogatorio della figlia, la vergogna di dover subire il giudizio di chi l’ha già giudicato colpevole. Il tutto ulteriormente appesantito da una fotografia fredda e livida che incornicia i protagonisti mentre le loro vite si sgretolano.
Il film, disponibile su Netflix solo in lingua originale (e sarebbe davvero un peccato se qualcuno rinunciasse alla visione solo per questo motivo), è glaciale, asciutto, trattenuto (come i sentimenti di Henrik che raramente vediamo lasciarsi andare alle emozioni) e affronta un tema spinoso ed estremamente drammatico senza cadere nelle tentazioni della spettacolarizzazione o del voyeurismo. Da non perdere.
Voto: 8
Bello come spesso lo sono i film del nordeuropa
Concordo. Anche sulla connotazione “geografica”, perché se l’avessero fatto in un’altra parte del mondo avrebbe corso il rischio di risultare eccessivamente buonista o, all’opposto, voyeuristico…