Diabolik (2021)
di Antonio e Marco Manetti
con Luca Marinelli, Miriam Leone, Valerio Mastandrea, Alessandro Roja
Le premesse c’erano tutte: un personaggio iconico, i Manetti Bros dietro la macchina da presa, un cast intrigante per qualità – Luca Marinelli e Valerio Mastandrea – e sensualità – Miriam Leone – degli attori, l’attesa suscitata dal posticipo dell’uscita causa Covid. Dispiace constatare come tutte queste premesse siano miseramente andate deluse. È infatti molto difficile trovare qualcosa da salvare in questo Diabolik, piatto, poco emozionante e soprattutto mortalmente noioso.
È davvero arduo mettere in fila tutti i difetti del film ma probabilmente quello che salta immediatamente all’occhio è la totale inadeguatezza nel ruolo del solitamente bravo Luca Marinelli, impacciato, con lo sguardo vacuo e involontariamente ridicolo quando cerca di dispensare le frasi che dovrebbero delineare la rudezza e il temibile fascino del ladro in tutina nera. Il suo personaggio è talmente fuori fuoco e poco credibile che al suo fianco finiscono addirittura per fare un figurone gli altri due protagonisti, l’Eva Kant della Leone e l’ispettore Ginko di Mastandrea. Il resto del cast è scialbo, costretto in una recitazione teatrale che suona falsa e stucchevole.
Ma quello che condanna inesorabilmente Diabolik è la pressoché totale assenza di azione, emozione, pathos. Il film procede con un ritmo narcolettico, senza un guizzo che sia uno, senza suscitare nello spettatore quel minimo di empatia per i personaggi. L’inconsistente storia viene tra l’altro stiracchiata per ben due ore e tredici interminabili minuti nei quali, per fortuna, potrete concedervi qualche momento di meritato riposo tanto, una volta riaperti gli occhi, non avrete difficoltà a ricollegarvi con quello che avviene sullo schermo.
Anche lo stile scelto dai due registi, solitamente il loro tratto distintivo, non regala guizzi e non sarà certo qualche inquadratura ardita o la presenza di più riquadri in contemporanea – a ricordarvi che Diabolik è prima di tutto un fumetto – a rendere il tutto non dico originale ma almeno piacevole da guardare. Insomma il film è una delusione totale e si merita di finire velocemente nel dimenticatoio, magari proprio in quella profondità degli abissi cantata da Manuel Agnelli nella bella canzone d’apertura.
Voto: 3
Trackback/Pingback