Trama e recensione de La prima notte di quiete (1972)
Regista: Valerio Zurlini
Cast: Alain Delon, Giancarlo Giannini, Lea Massari, Alida Valli, Sonia Petrovna
È un provincia all’apparenza pigra e sonnolenta – come può esserla quella di una Rimini durante un inverno piovoso e nebbioso – ma che nasconde segreti, astio e falsi rapporti d’amicizia, quella in cui si ritrova a vivere Daniele Dominici (Alain Delon, di cui ho recensito anche La Piscina) che, per finanziare la sua passione per il gioco d’azzardo, accetta un posto di supplente di lettere in un liceo.
Disilluso e tormentato, trova terreno fertile in un gruppo di amici – tra cui spicca Spider (Giancarlo Giannini) – dediti al gioco, all’alcol e alle feste. Così Daniele può annebbiare e anestetizzare la propria inquietudine e stiracchiare all’infinito l’ormai logoro rapporto con Monica (Lea Massari).
Tutto questo finché Vanina, una sua studentessa – interpretata da Sonia Petrovna, tanto bella quanto poco espressiva – tormentata quanto e più di lui (ma perché ce lo dicono, lei non è esattamente in grado di trasmettercelo) e segnata da un passato misterioso e drammatico, risveglierà nel professore la passione e la speranza per un futuro diverso. Solo un’illusione?
Girato da Valerio Zurlini in una Rimini che non esiste più – siamo a inizio degli anni ’70 – con spiagge deserte e alberghi e stabilimenti balneari chiusi, La prima notte di quiete si fa apprezzare per la capacità di tratteggiare quel tipo di realtà, con i suoi personaggi all’apparenza solo annoiati ma in realtà egoisti e superficiali.
Queste figure fanno da importante contorno alla crisi esistenziale del protagonista che – come molti dei personaggi interpretati da Delon – appare irrimediabilmente destinato alla deriva. Ma fanno da corollario soprattutto a quel mondo, che ai giorni nostri appare ancora più lontano di quanto non sia.
Quello della donna che è trattata come un oggetto, salvo poi rendersi conto – quando si sta per perderla – di quanto sia importante. Quello di studenti che vogliono cambiare il mondo tra scioperi e collettivi e che poi si accontentano di fumare in classe. Quello del – anche se sembra una canzone di Annalisa – lui che ama lei, che sta con un altro ma vuole lui…
Esempio piuttosto ben riuscito di film crepuscolare e senza speranza, La prima notte di quiete paga però un’eccessiva lunghezza – le oltre due ore e dieci appaiono decisamente troppe – e una certa prevedibilità, perché tutti gli elementi che si incastrano inquadratura dopo inquadratura conducono per mano al drammatico epilogo, che arriva non esattamente inaspettato. Del resto, già il titolo ammicca a un verso di Goethe… “la morte, la prima notte di quiete”.
Voto: 6
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