L’immortale (2019)

di Marco D’Amore

con Marco D’Amore, Giuseppe Aiello, Salvatore D’Onofrio, Martina Attanasio

Alla fine della terza stagione di Gomorra, Ciro Di Marzio (Marco D’Amore) viene colpito a morte da Gennaro Savastano e il suo corpo gettato in mare. Questo sembra segnare la fine di uno dei personaggi cardine della serie TV ispirata al romanzo di Saviano. Ma Ciro è conosciuto da tutti come “l’immortale” e dunque non saranno certo un proiettile nel petto e un tuffo nell’acqua gelata a fermarlo. Tratto in salvo da una barca di pescatori, viene portato in ospedale e rimesso in piedi. La sua permanenza a Napoli però è giunta agli sgoccioli e dunque è costretto a espatriare in Lettonia. Qui naturalmente si ritroverà a gestire il traffico di cocaina e nel bel mezzo di un conflitto tra la mafia russa e quella lettone.

Questa in sintesi la trama de L’immortale, visione sulla carta indispensabile per quanti non si sono persi una puntata delle cinque stagioni di Gomorra. La realtà dei fatti però è un’altra e questo film dalla serie TV prende eventi e personaggi ma poi i punti di contatto finiscono qui, perché in termini di ritmo, coinvolgimento e recitazione siamo davvero su due pianeti differenti.

Il protagonista, interpretato come sempre da Marco D’Amore (che è anche regista e che è il protagonista anche di uno dei film peggiori che abbia mai visto, ovveroSecurity), indossa un’espressione e la mantiene per tutta la durata della pellicola, indipendentemente da quello che gli succede. Inoltre il film relega l’azione in un angolo, prediligendo mettere in mostra i tormenti di Ciro, che dovremmo intuire dall’esagerata quantità di primi piani e silenzi che, in realtà, si abbattono come una mazza ferrata sul ritmo della pellicola. La prima mezz’ora è in grado di stendere un insonne e i flashback che ci mostrano la nascita dell’immortale non aiutano, rivelandosi sostanzialmente stiracchiati (e comunque la parte migliore).

Anche il finale, tra tradimenti e controtradimenti, non mostra niente di davvero interessante o che non si potesse già prevedere dopo qualche minuto. Insomma, noia e delusione, con il regista/protagonista evidentemente troppo concentrato su se stesso per capire che non ha il carisma e le capacità per reggere sostanzialmente da solo la scena.

 

Voto: 4