L’ospite (2018)
di Duccio Chiarini
con Daniele Parisi, Silvia D’Amico, Thony, Daniele Natali
Guido e Chiara sono una coppia come ce ne sono tante: vivono insieme, non fanno progetti troppo a lungo termine, d’altra parte sono in un appartamento in affitto e hanno un lavoro che dà poche garanzie, e vanno avanti come per abitudine. L’improvviso ritardo del ciclo di Chiara li pone davanti a una nuova prospettiva – quella di un figlio – e i due reagiscono in modo diametralmente opposto. Mentre lui sembra valutare positivamente la prospettiva della paternità, lei entra in crisi – complice anche un’offerta di lavoro dall’estero – e comincia a interrogarsi se portare avanti la relazione o meno. Guido decide, a malincuore, di lasciarle un po’ di tempo per riflettere e comincia un tour dei divani delle case di genitori e amici, diventando spettatore dei problemi che attanagliano ogni altra coppia, indipendentemente dall’età.
L’ospite è l’ennesima variazione cinematografica sul tema della difficoltà dei rapporti ma, pur non lasciando di stucco, riesce comunque a fornire alcuni spunti interessanti, a strappare qualche sorriso e a regalare una visione non banale e piacevole sulle dinamiche e sui sentimenti. E ci riesce, il che è indubbiamente meritevole di un plauso, senza urlare, senza essere volgare e sguaiato.
Il personaggio di Guido (Daniele Parisi) fa tenerezza, perché appare incapace di bassezze e doppiezze e ha una sincerità d’azione e d’intenti che porta lo spettatore a una naturale empatia e anche a perdonargli un’eccessiva arrendevolezza. Alla trama principale – quella della relazione tra lui e Chiara – come accennato si affiancano le problematiche delle altre coppie, il che restituisce l’ovvia immagine dell’estrema difficoltà dei rapporti sebbene i vari personaggi siano eccessivamente stereotipati e poco delineati.
Il film di Duccio Chiarini scorre via in modo piacevole e restituisce una fotografia credibile di come una coppia del nuovo millennio debba combattere non solo con le rispettive differenze caratteriali ma anche con la precarietà lavorativa – cui ormai, ahinoi, ci siamo assuefatti – ma che diventa una discriminante che può minare la libertà di scelta dell’individuo all’interno della relazione. E condizionarla.
Voto: 6.5
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