Trama e recensione di Love (Kjaerlighet 2024)

Regista: Dag Johan Haugerud

Cast: Andrea Braein Hovig, Tayo Cittadella Jacobsen, Thomas Gullestad, Marte Engebrigtsen

A Oslo, Marianne (Andrea Braein Hovig) è un medico specializzato in urologia, il che significa che il primo contatto che abbiamo con lei è mentre comunica a uno sbigottito e terrorizzato paziente che ha un cancro alla prostata. Il tema della malattia è uno di quelli ben presenti nel film e uno dei tanti che portano lo spettatore alla riflessione. Ma ci torneremo.

In questo suo compito è assistita dall’infermiere Tor (Tayo Cittadella Jacobsen) e il rapporto tra i due, che velocemente passa da quello di semplici colleghi a quello di amici, particolarmente predisposti al confronto e al dialogo – ma nulla più, visto che Tor è omosessuale mentre Marianne è etero – è un altro aspetto determinante nella dinamica di Love, del regista norvegese Dag Johan Haugerud.

Nelle loro vite – anzi per la precisione in una decina di giorni a cavallo di ferragosto – vediamo entrare diversi personaggi. C’è Heidi (Marte Engebrigtsen, che ha una certa somiglianza con Ellen Pompeo, la dottoressa di Grey’s Anatomy), l’amica bacchettona e pedante di Marianne – la cui apparizione sullo schermo è spesso legata ai momenti più di stanca della pellicola – c’è il geologo con cui la protagonista è indecisa se intrecciare o meno una relazione, c’è Bjorn, conosciuto da Tor su un traghetto grazie a Grindr…

Traghetti e app come Grindr e la sua versione etero Tinder sono estremamente centrali nello sviluppo della trama. Constatato che gli spostamenti da una costa all’altra della Norvegia appaiono estremamente frizzanti – se avete in mente un viaggio da quelle parti e siete single, prenotate almeno tre o quattro traversate via nave! – le interazioni nate dalle app di dating aprono scenari interessanti su come sia cambiato l’approccio delle persone agli incontri, anche a quelli occasionali.

Nei racconti, nei dialoghi e nei confronti tra i personaggi, scopriamo che anche una fugace relazione di un’ora può essere appagante, al di là del sesso, perché spesso “la parte dopo il sesso è quella più intima”. Anche con uno sconosciuto.

Love è un film dove non succede molto, dove i dialoghi la fanno da padrona. A tratti eccessivamente verboso – buona parte della prima mezz’ora è alquanto indigesta – si riprende velocemente, risultando affascinante, con le parole che prendono a scorrere naturali e con i personaggi capaci di esprimere punti di vista non banali, sebbene un po’ appiattiti da quella sorta di scarso coinvolgimento emotivo che sembra attanagliare le persone a queste latitudini.

Ma ciò non toglie che, alla fine, i due protagonisti – che hanno tutto per essere cinici, dal non aver costruito legami familiari alla disinvoltura sessuale – finiscano comunque per credere nel potere trasformativo dell’amore, anche in relazione con la malattia.

L’abilità di Haugerud è quella di riuscire a muoversi nei dintorni del melodramma ma evitandolo abilmente e preferendo piuttosto darci uno spaccato delle rinnovate regole di corteggiamento e di relazione di questa società con lo smartphone sempre in mano. E ci riesce anche sfruttando in modo sapiente la luce e gli scorci che gli offre Oslo, ai cui panorami è spesso affidato il compito di fare da collante tra una situazione e l’altra.

 

Voto: 7