Trama e recensione de L’ultima luna di settembre (Ergej irekhogui namar – 2022)

Regista: Amarsaikhan Baljinnyam

Cast: Amarsaikhan Baljinnyam, Tenuun-Erdebe Garamkhand, Davaasamba Sharaw, Tserendarizav Dashnyam

La bellezza delle cose semplici. Del resto in una società profondamente rurale come quella di chi vive nelle immense distese della Mongolia, con orizzonte e cielo che spostano sempre un po’ più in là i loro confini, le cose complicate sono già tante. C’è la difficoltà di una natura che chiede più che dare, delle mandrie da pascolare, delle piogge che cadono senza pietà, del cellulare che prende solo in cima a una collina (ma solamente se si monta in piedi su un cavallo) o della solitudine che si può più facilmente sconfiggere con la compagnia di una bottiglia…

Quando un regista mongolo, come l’impronunciabile Amarsaikhan Baljinnyam, decide di raccontare una storia, dunque, lo fa puntando sulla semplicità, scegliendo la via più diretta. Quella che porta due personaggi diversi per età ma con vissuti piuttosto simili, come Tulga (interpretato dal regista stesso) – tornato dalla città per assistere il patrigno che sta per morire – e Tuntuulei (Tenuun-Erdene Garamkhand) – un ragazzino che il padre non l’ha mai conosciuto e che vive coi nonni – a trovare l’uno nell’altro quello di cui avevano bisogno.

Il tutto incastonato nella meraviglia dello scenario di queste terre di una bellezza senza senso, senza divagazioni e senza strizzatine d’occhio piacione. Perché le storie semplici, come quella di questo L’ultima luna di settembre, non trovano anche semplici epiloghi. Perché un happy ending è raramente la soluzione che la vita sceglie. In qualunque parte del mondo ma, forse, in Mongolia ancora di più…

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Voto: 7