Martin Eden (2019)

di Pietro Marcello

con Luca Marinelli, Jessica Cressy, Denise Sardisco, Carlo Cecchi, Autilia Ranieri

Martin Eden è un film difficile da inquadrare e da giudicare, perché ha molteplici piani di lettura, come del resto il romanzo di Jack London a cui è ispirato (che non conoscevo), a cui il regista aggiunge anche un cambio di ambientazione che porta la storia dagli originali sobborghi di San Francisco alla Napoli di un imprecisato Novecento. Proprio l’ambientazione partenopea è una degli elementi meglio riusciti della pellicola, peccato che venga immediatamente da chiedersi come possa davvero chiamarsi Martin Eden uno scugnizzo…

A voler semplificare, il film è una grande storia d’amore. È infatti per amore che Martin (Luca Marinelli, protagonista anche de Le otto montagne), un marinaio dalla mente vivace ma totalmente ignorante, decide di accostarsi alla lettura prima e all’accrescimento del proprio bagaglio culturale poi. Il “merito” è dell’incontro con Elena Orsini (Jessica Cressy), un’aristocratica che parla meglio il francese dell’italiano e che fa capire al protagonista quanto sia importante lo studio. Da questo momento Martin dedica tutte le sue energie ad apprendere il più possibile e poi a scrivere racconti, spesso visivamente mostrati sotto forma di flashback con filmati d’epoca debitamente colorati.

È questa la via da cui pensa possa passare il suo riscatto agli occhi dell’amata Elena ma soprattutto della di lei famiglia, che lo guarda costantemente dall’alto verso il basso, preconizzando un futuro di infelicità per la figlia se sposasse un uomo illuso di poter fare lo scrittore senza nemmeno aver finito la scuola elementare. Ma la passione di Martin per la scrittura è un’escalation, che non viene scalfita dalle decine di “respinto al mittente” delle buste contenenti i suoi racconti e dalle difficoltà del rapporto con l’esigente aristocratica.

Questa prima parte del film è caratterizzata da una scelta stilistica ben precisa, con l’utilizzo di una fotografia volutamente sgranata – che ricorda la resa dei film a colori degli anni ’60 e ’70 – e che allo stesso tempo sembra voler mostrare come la direzione che Martin vuole dare alla sua vita sia ancora sfuocata.

Nella seconda parte, che prende il via quando il protagonista è diventato uno scrittore di successo – ironia della sorte quando ha perso sia l’amore di Elena sia l’amicizia del suo mentore Russ Brissenden (Carlo Cecchi) – a cambiare non sono solo la condizione economica di Martin, il suo aspetto fisico e la sua esuberanza, ma anche la fotografia, che si fa più nitida e moderna, a esemplificare come quello che la vita gli riserva sia ormai delineato. Peccato che senza l’amore, tutto si sia corrotto e soldi, fama e donne non riescano più a dare un senso all’esistenza (nemmeno quando una di queste donne è proprio Elena, agli occhi della cui famiglia Martin adesso è finalmente degno).

Questa seconda parte – frettolosa e pasticciata, così come poco approfondito è il passaggio che rende Martin non più uno scrittore di racconti ma un accanito filosofo individualista, refrattario a ogni gioia della vita – fa scemare l’interesse per la vicenda.

Nel complesso non posso dire che quello del regista Pietro Marcello sia un brutto film, anzi la prima parte è coinvolgente, ben ambientata, credibile e ci regala un Luca Marinelli davvero bravo. Del resto il film si regge praticamente tutto sulle sue spalle: estremamente convincente nei panni del semplice, entusiasta e determinato marinaio, lo è meno in quelli dell’Eden scrittore e filosofo affermato, eccessivamente caricaturale e nel quale emergono tratti zingareschi che hanno contraddistinto i suoi precedenti ruoli di maggior successo.

 

Voto: 6