Trama e recensione di Parthenope (2024)
Regista: Paolo Sorrentino
Cast: Celeste Dalla Porta, Silvio Orlando, Gary Oldman, Dario Aita, Daniele Rienzo, Stefania Sandrelli
Parthenope (Celeste Dalla Porta) è una giovane e bellissima ragazza di una famiglia della Napoli bene degli anni ’70, che trascorre le proprie giornate in una realtà effimera, nella quale si annoia e si fa desiderare, non solo dall’amico Sandrino (Dario Aita), ma anche dal fratello Raimondo (Daniele Rienzo), con il quale ha un rapporto che galleggia pericolosamente nei dintorni dell’incesto.
In un contesto di ville adagiate sul mare di Napoli, di feste, di giornate in costume da bagno – intervallate da qualche esame all’università – la protagonista del film di Paolo Sorrentino finisce con l’interagire con una ricca fauna di personaggi, che si ritagliano una serie di scenette in cui danno modo sia di mettere in mostra vari livelli di cafonaggine, bruttezza o squallore, sia di infarcire la trama – che sostanzialmente non c’è – di quei dialoghi che ormai sono un po’ il marchio di fabbrica del regista.
Questa volta però l’ispirazione sembra essere venuta un po’ meno e di frasi da ricordare o destinate a entrare nel mito – dal “non ti disunire” di È stata la mano di Dio alle disilluse considerazioni del Jep de La grande bellezza – non ce ne sono. Anzi, ci si avvicina pericolosamente al tormentone con il “cosa stai pensando?” che viene rivolto con inquietante frequenza alla protagonista…
Quello che c’è, invece, è la solita maestria di Sorrentino, che non lascia che nessuna inquadratura vada sprecata, che cura ogni singolo elemento della composizione sia a livello visivo sia sonoro, che riesce anche a regalarci due o tre sequenze non solo tecnicamente impeccabili ma anche da ricordare – come il lungo piano sequenza con il ballo a tre di Parthenope, Sandrino e Raimondo – che lasciano poi spazio ad altri momenti sospesi tra il grottesco e il “fuori contesto” che sembrano messi lì per scioccare e nulla più.
Questa è un po’ una critica che, a mio parere, si può estendere a tutte le ultime produzioni del regista napoletano, che infiocchetta pellicole esteticamente inappuntabili ma che sembrano più una sequenza di “scenette” – su tutte, a sto giro, quella con il figlio del professore interpretato da Silvio Orlando e quella della “prima volta” di una giovane coppia cui assistono tutti i membri della famiglia… e non solo – con un parterre di personaggi che tendono allo sgradevole cui affidare il compito di regalare dissacranti verità (o presunte tali).
Ma se, nei lavori precedenti, la “tassa da pagare” di momenti, chiamiamoli “di stanca” del film era compensata da altri in cui gli occhi si riempivano di bellezza ma anche il cuore di emozione, in Parthenope quest’ultima tende pericolosamente a zero.
Il film scorre, qualche volta disturba, qualche volta fa sorridere – merito, per esempio, dello scrittore alcolizzato interpretato con maestria da un imbolsito Gary Oldman – ma la maggior parte del tempo lascia indifferenti. Che Sorrentino stia un po’ incartandosi nelle aspettative generate dal successo de La grande bellezza?
Voto: 5,5
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