È stata la mano di Dio (2021)

di Paolo Sorrentino

con Toni Servillo, Filippo Scotti, Teresa Saponangelo, Luisa Ranieri

 

C’è di tutto nel nuovo film di Sorrentino e, come molto spesso succede al regista napoletano, probabilmente c’è anche troppo. C’è il giovane protagonista Fabietto (Filippo Scotti) in piena tempesta ormonale, per l’altro sesso ma anche per i godimenti calcistici che l’imminente arrivo di Maradona a Napoli sembra promettere. C’è la carrellata di personaggi grotteschi, alcuni laidi e ripugnanti – l’impellicciata e sboccata signora Gentile di nome ma non di fatto – altri talmente belli che è un peccato non mostrarli in tutto il loro splendore, come la zia Patrizia (Luisa Ranieri) a cui è stata affibbiata una non meglio precisata malattia mentale che la porta a spogliarsi al di là di ogni ragione, se non quella del regista, che qualche corpo nudo nei suoi film ce lo infila sempre ma tanto sono nudi artistici. E poi chi si può lamentare della Ranieri?

C’è la famiglia di Fabietto, allegra e spensierata, che supera le turbolenze – anche quelle relative ai tradimenti di Saverio (Toni Servillo) – con il sorriso e gli scherzi da candid camera della moglie Maria (Teresa Saponangelo) che, proprio quando non ce la fa più, si mette a fare l’acrobata con le arance.

E ci sono vari personaggi secondari, che si muovono tra Napoli e Capri e che regalano i momenti più divertenti della pellicola – come per esempio il fidanzato della zia obesa, che riesce a parlare solo attraverso un laringofono (che Sorrentino abbia preso ispirazione dal Ned Gerblansky di South Park?) – sospesi tra il reale e il surreale e che si prendono la scena in attesa della svolta drammatica che È stata la mano di Dio riserva nella seconda parte.

Quella che dovrebbe far piangere ed emozionare e che, invece, scorre via senza andare a toccare le corde emotive di chi guarda, incastrata tra i vari siparietti di cui Fabietto è protagonista, tra perdita di verginità che non sfigurerebbe nella categoria granny di Pornhub, e ispirazioni eccellenti per un futuro da regista.

Per mostrarci tutto questo Sorrentino, probabilmente per rispetto di un racconto che sente proprio, è andato di sottrazione: meno virtuosismi della telecamera (anche se l’inziale volo di gabbiano tra mare e città ha il suo perché), meno estetica alla Young Pope e meno atmosfere rarefatte.  

Alla fine non posso dire che È stata la mano di Dio non mi sia piaciuto, del resto i suoi personaggi estremi e surreali divertono. Certo l’emozione è la grande assente durante le due ore di visione (il film è disponibile su Netflix), che scorrono via senza suscitare quei sentimenti che evidentemente Sorrentino ha provato, per questa storia che sente molto sua, ma che non è riuscito a fare vivere allo stesso modo a chi la guarda.  

 

Voto: 6