Trama e recensione di Iddu – L’ultimo padrino (2024)
Registi: Fabio Grassadonia e Antonio Piazza
Cast: Elio Germano, Toni Servillo, Daniela Marra, Barbara Bobulova, Antonia Truppo
Non è un film sulla mafia quello di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza. Certo il protagonista è Matteo Messina Denaro (Elio Germano, visto tra gli altri ne L’incredibile storia dell’isola delle rose), uno dei boss più spietati e ricercati della storia italiana, capace di una latitanza durata 30 anni. In Iddu – L’ultimo padrino, però, non lo vediamo “godersi” i privilegi che questo ruolo dovrebbe assicurargli. Certo ogni tanto frequenta qualche festa, durante la quale stringe accordi con i politici e si bea della compagnia di qualche bella ragazza ma, in realtà, la sua esistenza è quella di un recluso.
Vive infatti nascosto a casa di Lucia Russo (Barbora Bobulova – Cuore sacro), che gli fa anche da cuoca e da dattilografa per i pizzini, nascosto come un topo in una stanzetta che è poco meglio di una cella, con addirittura una sola oretta d’aria sul terrazzino. “Privilegio” che, a un certo punto, finisce anche col perdere…
Sono i suoi ricordi, quelli scatenati dalla solitudine ma anche dallo scambio di messaggi con il suo padrino Catello (Toni Servillo – È stata la mano di Dio), quelli che ne tracciano la storia e ne delineano il carattere. Certamente spietato – come si evince già dalla prima scena in cui, da bambino, placa la sua sete di sangue – ma anche quello di un figlio che non desidera altro che essere visto dal padre.
Un padre che lo investe del ruolo di suo successore fin in tenera età ma che, contestualmente, ne annienta qualunque barlume di umanità, insensibile anche alle sue sporadiche richieste di aiuto – “perché l’hai fatto fare a me?” – chiede dopo aver dovuto uccidere un suo amico, sospettato di aver rubato della droga.
E questo rapporto di venerazione del padre, porta Matteo – dopo la morte del genitore – a cercare di ricreare quel rapporto con Catello, un uomo prostrato dal carcere e dalla perdita dello status e dei privilegi di cui godeva prima, e che proverà a salvarsi collaborando con le forze dell’ordine, tradendo proprio il suo figlioccio.
Il film si regge molto sulle interpretazioni di due tra i migliori attori italiani – Germano e Servillo – il cui confronto avviene praticamente solo tramite i pizzini, fino a un epilogo onirico e anche un po’ confuso, che diluisce buona parte della tensione e del pathos creato dalla prima parte.
Iddu – L’ultimo padrino ci mostra un Matteo Messina Denaro in cui le debolezze e i rimpianti sembrano prendere il sopravvento sulla spietatezza e la determinazione e questo ha fatto storcere la bocca a molti, che hanno visto un’eccessiva indulgenza dei registi nei confronti di un uomo che è stato il mandante o l’esecutore materiale di decine di omicidi.
Oltre a questo aspetto, il risultato finale lascia qualche dubbio, in parte perché il film non riesce a generare quella carica emotiva che porterebbe lo spettatore a schierarsi, suo malgrado, con un personaggio controverso come Messina Denaro.
Questo coinvolgimento, sebbene possa creare un certo disagio nell’immedesimarsi in un ruolo negativo, avrebbe permesso una maggiore immersione nella storia. Piuttosto, si finisce per simpatizzare di più con Catello ma anche questo è un risultato legato più alla mimica e alle sfumature interpretative di Servillo che alla scrittura della sceneggiatura stessa.
Detto questo, a Grassadonia e Piazza va comunque riconosciuto il merito di aver provato a raccontare la frustrazione, le debolezze, le fragilità di un uomo che dai più non era più considerato nemmeno tale…
Voto: 6
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