Paterson (2016)
di Jim Jarmush
con Adam Driver, Golshifteh Farahani, Barry Shabaka Henley, Chasten Harmon
Nella cittadina di Paterson (New Jersey) c’è un uomo che si chiama Paterson, che è nato e sempre vissuto lì, che di mestiere guida l’autobus e che, allo stesso modo, conduce le sue giornate in modo lento e ripetitivo. Si sveglia, lavora, asseconda la moglie nei suoi eccentrici desideri, passa serate non così divertenti al bar dopo aver fatto passeggiare il cane e torna a casa. Nel mezzo apre il suo taccuino e vi scrive le sue poesie, che nascono spesso da piccole cose e che hanno nell’amore per la moglie il trait-d’unione.
La sua vita è questa e non aspettatevi che arrivi qualche evento a turbarla, a stravolgerla, a gettarla nel panico e nell’angoscia perché non sarà così. Jim Jarmush non ha bisogno di eventi drammatici o catastrofici per raccontare una storia, per trasformarla in una favola, lieve, lenta e magari anche un pizzico noiosa e ripetitiva ma senza che questo disturbi. Il mondo di Paterson (città o protagonista, poco cambia) non è stato creato per colpire allo stomaco ma per lasciare spazio alla poesia, quella delle parole (lette e scritte direttamente sullo schermo) e quella delle immagini.
Certo si potrà obiettare che nella vita reale una coppia come quella formata da Paterson (Adam Driver) e Laura (una bellissima Golshifteh Farahani) non esiste, visto che sembrano scivolare ben distanti da qualunque tipo di problema, preoccupazione o litigio, al punto da sembrare apatici (lui) o sconnessi dalla vita vera (lei). Ma nel film non c’è la ricerca del reale, piuttosto la voglia di creare una favola di sette giorni, ripetitivi e delicati, senza colpi di scena, senza cattivi e senza happy ending. Ben lontana dalle nostre vite, irrealizzabile e forse, anche per questo, così appagante.
Voto: 7.5
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