Diavoli (2020)
di Nick Hurran e Jan Michelini
con Alessandro Borghi, Patrick Dempsey, Laia Costa, Kasia Smutniak, Pia Mechler, Malachi Kirby
Viste le ultime due puntate di Diavoli, in programmazione su Sky Atlantic, posso fare un po’ il punto su questa serie TV che, dopo un inizio molto promettente, ha cominciato a perdere un po’ di colpi. Cominciamo col dire che l’ambientazione finanziaria rischia di rappresentare un muro difficile da scavalcare, perché – a meno di non masticare un po’ la materia – la sensazione è quella di non riuscire a mettere insieme tutte le tessere necessarie per comprendere appieno certi passaggi.
Certo la sceneggiatura si è preoccupata di noi completamente a digiuno di alta finanza e dunque talvolta ci viene in soccorso, sia con grafici in rosso e in verde che dovrebbero aiutare, sia con la reiterazione di certi termini, il che a volte diventa perfino eccessivo, al punto che, al termine delle dieci puntate, ci si convince che sia sufficiente “shortare” titoli per diventare milionari, visto che Alessandro Borghi e compagni praticamente non fanno altro…
La trama mette insieme un bel po’ di situazioni: dal suicidio di uno dei personaggi più importanti della NYL, la banca londinese che è il teatro di buona parte degli eventi, al background familiare di molti dei protagonisti, dalle azioni di un gruppo di anarchici che hanno l’obiettivo di scardinare il sistema bancario mondiale, fino al rapporto/confronto tra il boss, interpretato da Patrick Dempsey, e il geniale Massimo (Alessandro Borghi), la cui relazione si intreccia su molteplici livelli, lavorativi e personali.
La confezione di Diavoli è apprezzabile, con ambientazioni molto curate e una regia che punta tutto su un montaggio serrato e su qualche rallenti di troppo, mentre il livello complessivo degli attori non incanta. Devo ammettere di aver optato per la versione doppiata in italiano e probabilmente ho sbagliato, visto che qualcosa si perde, dato che la serie è stata girata in inglese. Da questo punto di vista ha fatto bene Borghi a farsi doppiare da un professionista, visti i risultati di chi invece – come Kasia Smutniak – ha provveduto da sé, con risultati pessimi.
Molto bella invece la scelta di miscelare i fatti della finzione narrativa con quelli reali, con frequenti spezzoni di telegiornali e interventi di banchieri e leader politici a delineare la situazione del periodo, tra crisi economiche, rischio di fallimento per alcuni membri dell’eurozona e interventi riparatrici della BCE.
La tanta carne al fuoco, comunque, produce un classico finale dove praticamente succede di tutto, con sorprese non sempre credibili e con un’esagerazione nella concatenazione degli eventi e delle loro tempistiche che lascia un po’ di amaro in bocca e fa perdere di realismo al tutto. Insomma, Diavoli è un buon tentativo di rendere più “digeribile” il mondo dell’alta finanza ma non mi ha convinto appieno, perciò non mi sento di assegnargli più di una stiracchiata sufficienza…
Voto: 6
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