Trama e recensione di Asteroid City (2023)

Regista: Wes Anderson

Cast: Jason Schwartzman, Bryan Cranston, Edward Norton, Scarlett Johansson, Tom Hanks, Adrien Brody

Quando si guarda un film di Wes Anderson non ci si aspetta certo un’emozionante reinterpretazione della realtà o un’approfondita analisi dei sentimenti umani. O quanto meno non nell’idea convenzionale che abbiamo di questa tipologia di lungometraggi. Le pellicole del regista, infatti, si muovono sempre circondate da un’aurea surreale, sia quando si concentrano su ritratti e dinamiche familiari (I Tenenbaum – 2001), sia quando miscelano avventure e comicità (Grand Budapest Hotel – 2014 o Moonrise Kingdom: Una fuga d’amore – 2012) sia ancora quando sfociano in quel “bizzarro” che può anche risultare indigesto (Il treno per Darjeeling – 2007).

Nel nuovo Asteroid City il marchio di fabbrica di Anderson è decisamente e dannatamente presente: nella meticolosa resa visiva tra il cartoon e un plastico di un deserto in minatura, nell’intreccio delle varie storie più o meno importanti, nelle citazioni dei film di fantascienza alla Incontri ravvicinati del terzo tipo, nella presenza di un cast stellare – visto che tutti gli attori non vedono l’ora di lavorare con il buon Wes – “imprigionato” in una recitazione monocorde e inespressiva.

Il film si apre con il bianco e nero, lo stile e la scenografia di una trasmissione TV degli anni ’50, con l’anchor man (Bryan Cranston) che ci spiega quello che stiamo per vedere, ovvero una pièce teatrale – scritta da Conrad Earp (Edward Norton) – e ambientata in un non meglio precisato deserto degli Stati Uniti.

Da qui si passa alle tonalità virate di ocra della vicenda, in cui personaggi esageratamente colorati (che di tanto in tanto escono dal ruolo per discutere delle loro motivazioni con il regista, in un ritorno al bianco e nero), convergono ad Asteroid City, che di “city” ha davvero ben poco, visto che dopo il bar, il distributore di benzina, il motel e l’osservatorio il paese è finito. L’unica attrazione è il cratere che si è formato in seguito alla caduta di un piccolo meteorite (da cui il nome). L’impressione che niente avvenga per caso è avvalorata da alcuni accadimenti reiterati e sempre uguali, come gli inseguimenti tra ladri e polizia e, in lontananza, le esplosioni nucleari che fanno tremare la terra e che disegnano sullo sfondo perfetti funghi atomici.

Quanto ai personaggi (interpretati, tra gli altri, da star assolute come, oltre ai già citati Cranston e Norton, Tilda Swinton, Tom Hanks, Scarlett Johansson, Adrien Brody e Willem Dafoe, anche se alcuni recitano davvero un cameo), parlano tutte con lo stesso tono piatto, come se nessun evento o emozione li possa scalfire. E di eventi ed emozioni – dall’atterraggio di una navicella aliena al nudo di Scarlett Johansson, dalla quarantena imposta dal Governo all’osservazione di fenomeni spaziali incredibili – non è che ne manchino.

I dialoghi sono disseminati di esclamazioni trattenute, goffaggini nerd (“Amo la gravità”) e scioglilingua da cervelloni. Il tutto accompagnato da una sfilata di (non) moda tra sandali con calze tirate fino al ginocchio e pantaloni e camicie stirate in modo impeccabile (anche questo uno dei marchi di fabbrica di Anderson).

Non mancano le citazioni a grandi del passato, alla storia del cinema – uno dei protagonisti si chiama Steenbeck, mitica marca di macchine per il montaggio cinematografico – e le frasi a effetto che, però, spesso suonano un po’ fini a se stesse e che non si sa bene se cogliere in modo serio o con un sorriso. Come quando Midge (la Johansson) dice a Augie (Jason Schwartzman) che loro due sono “persone catastroficamente ferite che non esprimono la profondità del loro dolore perché non vogliono farlo…”

Divertente (ma non troppo), costantemente surreale – al punto da rischiare di venire a noia – eccessivamente frammentario e inframmezzato da siparietti e cartelli, Asteroid City sarà facilmente accolto con favore dai fans di Wes Anderson, che ne riconosceranno cifra stilistica e impatto visivo. Gli altri, tra cui il sottoscritto, non potranno che apprezzarne l’estetica e qualche bizzarria… ma di entusiasmo nemmeno a parlarne! Anzi, i meno pazienti potrebbero addirittura prendere alla lettera quanto ripetuto ossessivamente verso la fine del film: “Non puoi svegliarti se non ti addormenti”.

 

 

Voto: 6