Trama e recensione di Kinds of Kindness (2024)

Registi: Yorgos Lanthimos

Cast: Emma Stone, Jesse Plemons, Willem Ddafoe, Margaret Qualley, Yorgos Stefanakos

A Yorgos Lanthimos piace provocare. E gli viene particolarmente bene. Tutti i suoi film – da Dogtooth a The Lobster, da La Favorita a Il sacrificio del cervo sacro – sono una provocazione continua, un’estremizzazione dei temi – che siano il sesso, la violenza, la condizione umana, le dinamiche dei rapporti – e un continuo rifuggire dalle banalità e dall’ovvio.

Con questo Kinds of Kindness il regista greco sposta ancora un po’ più in là l’asticella e sceglie di indagare sulle diverse sfaccettature del potere, della libertà e del controllo. E lo fa optando per la strada di un film a episodi – in questo caso tre, a cui a ognuno assegna un titolo che ha un personaggio, per la verità assolutamente secondario, come trait d’union – e riproponendo lo stesso cast di attori, che ogni volta interpretano un ruolo differente.

I tre protagonisti principali – Jesse Plemons, Emma Stone e Willem Dafoe – regalano interpretazioni sopra le righe, ora trattenuti e quasi apatici, ora pervasi da ossessioni, ora pronti a lasciarsi andare all’ira o alla disperazione.

Le tre vicende narrate giocano a spiazzare e si muovono costantemente sul crinale dell’assurdo. La recitazione, così come le scelte di certi tagli di montaggio netti e del sonoro – da sempre uno dei tratti distintivi del cinema di Lanthimos, sia nella scelta della musica sia degli effetti – non fanno che incrementare la sensazione di estraniamento dalla realtà.

Sebbene la struttura a episodi sia ambiziosa, la narrazione audace, la mano del regista sempre di livello superiore alla media e mai scontata, e le interpretazioni – in particolare quella di Plemons – impressionanti, Kinds of Kindness fatica a mantenere una coesione narrativa. Inoltre l’estremizzazione delle situazioni, cui spesso non viene data una spiegazione razionale o logica, può risultare spiazzante e lasciare un po’ di amaro in bocca.

Tuttavia, il succitato stile distintivo di Lanthimos, le sue immagini surreali e inquietanti e la sua propensione alla provocazione e al mettere a disagio chi guarda, rende comunque il film un’esperienza. Non necessariamente positiva – per la verità anche inutilmente protratta per quasi tre ore di durata – ma comunque un’esperienza.

 

 

 Voto: 6