Gli anni più belli (2020)
di Gabriele Muccino
con Pierfrancesco Favino, Micaela Ramazzotti, Claudio Santamaria, Kim Rossi Stuart
Gli anni più belli sono quelli che passiamo con gli amici. Perché un amico – come un diamante – è per sempre. È questo quello che ci dice Gabriele Muccino nel suo film, nel quale ripercorre quarant’anni della vita italiana attraverso le storie di quattro amici – tre maschi e una femmina – interpretati da volti tra i più noti del cinema italiano (e su questo ci torneremo presto). Le loro vicende sono scandite da alcuni dei momenti chiave della storia, dalla caduta del muro di Berlino all’11 settembre, mostrati per andare a colmare i diversi salti temporali e farci capire come le varie esistenze siano segnate dai problemi con cui tutti abbiamo a che fare.
La sceneggiatura, che resta la parte più debole della produzione, mette in fila una bella sequenza di luoghi comuni e di stereotipi, probabilmente nel tentativo, prima o poi, di “cogliere nel segno” e permettere allo spettatore di identificarsi con un personaggio o con una situazione. Il che alla fine inevitabilmente succede, d’altra parte quando si comincia a parlare di crisi di coppia, tradimenti, problemi economici, incomunicabilità con i figli adolescenti non è così difficile fare centro.
Non sono solo le situazioni a essere stereotipate ma anche i personaggi. Ecco dunque l’avvocato che, partito carico di ideali, ha virato verso i soldi e la carriera; il professore costantemente precario incapace di venire meno ai suoi principi; il giornalista con l’immancabile romanzo incompiuto nel cassetto e un lavoro da freelance con il quale non riesce a pagare le bollette e la cameriera troppo appariscente e facile a finire a letto con l’uomo sbagliato.
Nei panni dei quattro, dopo una parentesi iniziale in cui sono stati scelti attori adolescenti, la scelta è caduta sull’onnipresente Pierfrancesco Favino, su Kim Rossi Stuart, su Claudio Santamaria e su Micaela Ramazzotti, probabilmente la più brava del gruppo anche se alle prese con l’ennesimo personaggio fotocopia di quelli che ha interpretato finora (sorella gemella di quello di Vivere, tanto per fare un esempio). Visto che in molti casi parliamo di attori che veleggiano abbondantemente oltre i quarant’anni, curiosa la scelta di ringiovanirli un po’ con trucco ed effetti digitali. Evidentemente la scuola di The Irishman ha fatto proseliti anche se, qui come lì, l’effetto è un po’ comico.
Per concludere non posso certo dire che la visione de Gli anni più belli sia totalmente passiva e insoddisfacente, qualche momento emozionante c’è, il marchio di fabbrica di Muccino – ovvero urla, litigi, tradimenti e altre urla – non manca e, se avete un amico che non sentite più da tanti anni, magari vi verrà voglia di chiamarlo. Resta però il rammarico per un film infarcito di stereotipi, che viaggia su binari conosciuti e prevedibili e che, per questo, raramente sorprende, come certifica il finale consolatorio.
Voto: 5
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